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L'esperienza non è ciò che accade a un uomo.
E’ ciò che un uomo fa di ciò che accade.
(Aldous Leonard Huxley)

Stavamo commentando una serie TV, “C’è un po’ troppo overacting”, dico. “Overacting?”, chiede Luigi. “Che intendi? Si potrebbe fare un parallelismo con i comportamenti?”, lancia l’amo. Stimolo di riflessione certamente interessante!

La parola overacting si riferisce ad un attore che sovra-recita, che recita sopra le righe. In italiano si adotta spesso l’espressione “troppo teatrale”, che a me non piace. Evitando digressioni linguistiche, mi rammarica dover ammettere che l’inglese rende l’espressione estremamente specifica e pertinente.

Acting ha a che fare con i comportamenti. I comportamenti sono le azioni che agiamo tutti i giorni, spesso queste azioni sono poste in essere per non sentire i propri bisogni e nel tempo diventano maschere e comportamenti, il biglietto da visita con cui ci presentiamo agli altri e al mondo.

Il triangolo: bisogni, azioni, conseguenze
L’analisi che gli attori fanno dei propri personaggi si basa su questo triangolo: bisogni, azioni e conseguenze drammatiche. Immaginiamo che un attore che va in overacting sia un personaggio da studiare. Quale sarà il suo schema? Egli spinge, esaspera il recitare (l’azione appunto) senza connettersi col proprio sentire (il proprio bisogno). La conseguenza drammatica sarà che il recitare lo allontana dalla natura del suo lavoro, che è connettersi con i propri bisogni e lasciare che da essi fluisca il rispondere al momento che si sta vivendo e all’ambiente circostante.

Dunque l’attore che va in overacting risponde sopra le righe, esagera. Il suo recitare non risulterà autentico perché non sarà la risposta organica e naturale al dialogo fra sé, l’altro e il contesto.
Talvolta ascolta solo il suo sentire, sforzandosi di esprimerlo, come se il recitare fosse un fatto di affermazione personale, ma dimenticandosi così di connettersi con l’ambiente fuori da sé. Così l’attore è orientato al compito di servire formalmente le battute, scordandosi che esse sono il risultato di un processo di ascolto e risposta.
Il lavoro teatrale  (teatro laboratorio di Stanislavkij) nasce proprio dall’esigenza di creare un luogo di ricerca aperta nel quale l’attore possa sperimentare un corpo-mente-scenico organico.

Se il corpo non comincia a vivere, l’anima non crede

Il lavoro dell’attore, quindi, mira ad un ascolto fra le varie parti di sé per lasciarle vivere in autentica armonia con le parti fuori di sé. Come in ogni altro contesto, il lavoro dell’attore riguarda compito e relazione, entrambi collaborano alla riuscita di un lavoro di insieme.

Compito e relazione
Un buon regista e un bravo leader sono in grado di creare sistemi di relazione che intrecciano compiti in una rete che tesse un’unica tela. La voglia di primeggiare, per fini unicamente narcisistici, creeranno una stonatura nell’armonia dell’insieme: allora vi capiterà di assistere a spettacoli dove il recitare non sarà omogeneo, noterete forse qualcuno, ma difficilmente vi porterete a casa il senso reale della narrazione. Come pure eccessivo tecnicismo e rigido perfezionismo, che non valorizzano il valore altrui, creeranno forzature in una tela che rischia di strapparsi. Spettacoli magari apparentemente perfetti che non lasciano nulla al pubblico.

Il lavoro dell’attore dunque è quello di integrare compito e relazione in un insieme che narra storie. Ma qualunque lavoro non è forse quello di stare in relazione eseguendo un compito che tende a un obiettivo comune? Il vero successo di uno spettacolo non è quando tutti dedicano al meglio le proprie risorse per lasciare un unico segno? Un’impronta profonda che armonizza la
creatività di tutti.

L’overacting nella vita di tutti i giorni
La riflessione è nata esattamente in questo modo, si parlava di una serie USA che mi ha appassionato e che intreccia spionaggio, amori e giochi di potere. Entrambi ci trovavamo d’accordo sulla bella narrazione ma Marta mi dice “peccato per l’overacting”…

Leggendo le considerazioni di Marta ho iniziato a pensare cosa volesse dire andare in overacting nella vita di tutti i giorni, quando esagerare ci porta ad allontanarci dal sentire autenticamente cosa proviamo e di cosa abbiamo bisogno.

Qui voglio iniziare a concentrarmi su uno degli aspetti dell’esagerare, l’esagerazione del fare, o per usare un neologismo tutto nostro “overfare”. Ho pensato a quante volte ci capita, orientati al fare, agli impegni quotidiani, agli obiettivi, di dimenticarci dei nostri bisogni reali. L’orientamento al compito, alla prossima scadenza, a tutte le cose che abbiamo messo in agenda, ci portano ad andare dritti come un treno e a mettere il pilota automatico. Parola d’ordine “sforzarsi”.

Questo talvolta non ci permette di identificare di cosa abbiamo realmente bisogno con la conseguenza che spingiamo, corriamo, facciamo senza pensare a cosa è realmente importante per noi. I nostri impegni, le nostre giornate piene, ci portano a non osservare ed ascoltare quello che accade intorno a noi.
Marta scrive “Così l’attore è orientato al compito di servire formalmente le battute, scordandosi che esse sono il risultato di un processo di ascolto e risposta”. Basta sostituire le parole attore e battute ed il gioco è fatto.

L’orientamento al compito, al fare, ci porta a perdere di vista le relazioni e quindi le opportunità che possono generare. L’effetto è paradossale, mi sembra di dare le giuste priorità ma nel medio termine benessere e soddisfazione ne risentono.

Cosa fare per evitare l’overacting
Per evitare di “servire formalmente le battute” è utile pensare al proprio equilibrio personale come il risultato di 3 aree in armonia tra di loro:

  • Contesto: gli ambiti in cui ci troviamo a vivere e interagire che condizionano le proprie emozioni, i pensieri e comportamenti
  • Area interna: i propri bisogni, emozioni e pensieri
  • Relazioni: la rete di relazioni che costruiamo e manteniamo in ambito lavorativo e personale

Per vivere in equilibrio è utile comprendere come queste 3 aree sono in relazione per sé e come fare per bilanciarle.

La tecnica dei 3 livelli d’influenza
Per favorire il bilanciamento tra queste 3 aree fermatevi e ponetevi le seguenti domande:

  • Contesto: quale contesto è più importante per me in questo momento?
  • Area interna: qual è il mio bisogno principale in questo momento nel contesto che ho individuato? Come voglio cambiarlo?
  • Relazioni: quali sono le relazioni importanti in questo ambito e come voglio investirci?

“Il lavoro dell’attore riguarda compito e relazione, entrambi collaborano alla riuscita di un lavoro di insieme”.

Cos’altro vuol dire esagerare per voi nella vita di tutti i giorni?

Marta e Luigi